Una tripletta da leggenda. Tre gol in meno di dieci minuti. Numeri che nella Primavera giallorossa mancavano dai tempi di Francesco Totti. E forse non è un caso che a firmarla sia stato proprio lui: Mattia Almaviva, classe 2006, quel bambino che nel maggio 2017 ricevette simbolicamente la fascia di capitano dal “Pupone” nella sua commovente cerimonia d’addio al calcio.
La tripletta realizzata questa mattina contro l’Udinese ha contribuito in maniera decisiva al roboante 9-0 che ha permesso alla Roma Primavera di staccare ufficialmente il pass per i playoff scudetto. Una prestazione straordinaria che conferma il talento cristallino di questo ragazzo, oggi diciottenne, su cui la società giallorossa sta investendo con grande convinzione.
Nel match contro i friulani, Almaviva ha mostrato tutto il suo repertorio: tecnica sopraffina, visione di gioco e un senso del gol che ricorda quello dei grandi attaccanti. La facilità con cui ha saputo trovare la rete in tre occasioni ravvicinate ha impressionato gli osservatori presenti e ha ulteriormente acceso i riflettori su questo giovane talento.
28 maggio 2017. Una serata che rimarrà per sempre impressa nella memoria dei tifosi romanisti e che ha segnato irrimediabilmente il destino di Mattia. In un Olimpico stracolmo di bandiere, lacrime e commozione, Francesco Totti dà l’addio al calcio giocato dopo 25 anni con la maglia della Roma. Al termine della partita contro il Genoa, il Capitano compie un gesto simbolico destinato a entrare nella storia.
A centrocampo, davanti a 70.000 persone, Totti si toglie la fascia dal braccio e la lega a quello di un bambino di 11 anni: Mattia Almaviva. Lo abbraccia, gli sussurra qualcosa all’orecchio e gli affida idealmente il futuro della Roma. Un passaggio di consegne che ha fatto il giro del mondo e ha trasformato quel bambino nel simbolo della romanità futura.
Nonostante la giovane età, Mattia dimostrò grande maturità. Travolto da richieste di interviste e attenzioni mediatiche, preferì concentrarsi sul calcio e seguire il consiglio di Totti, che lo prese sotto la sua ala protettiva prima del passaggio all’agenzia di Federico Pastorello.
L’ascesa di Almaviva non si è fermata alle giovanili. Nella scorsa stagione è infatti arrivato anche il debutto “non ufficiale” con la prima squadra, grazie a un’altra bandiera giallorossa: Daniele De Rossi. L’ex tecnico romanista lo ha fatto esordire a Perth, in Australia, nell’amichevole post-campionato contro il Milan di Giroud e Theo Hernandez.
Un assaggio di grande calcio che ha ulteriormente motivato Mattia a perseguire il suo sogno: diventare un punto fermo della Roma dei grandi e ripercorrere le orme del suo idolo.
Nella stagione in corso, sotto la guida di coach Falsini, Almaviva sta vivendo il suo momento di consacrazione. I numeri parlano chiaro: oltre ai tre gol di oggi, il giovane attaccante ha mostrato una crescita costante in termini di prestazioni e leadership.
La Roma Primavera si prepara ora ad affrontare i playoff scudetto con rinnovate ambizioni, trascinata dal talento del suo numero 10 che sembra pronto per il grande salto.
Molti appassionati stanno seguendo con interesse questa storia affascinante, analizzando le varie recensioni di Rabocat Italia si nota come numerosi tifosi stiano già scommettendo sulle potenzialità future di questo giovane talento, considerandolo uno dei prospetti più interessanti del calcio italiano.
Otto anni dopo quel simbolico passaggio di consegne, Mattia Almaviva continua a onorare la fiducia riposta in lui da Francesco Totti. Il percorso è ancora lungo, ma le qualità tecniche e umane mostrate finora lasciano ben sperare.
La Roma osserva attenta i progressi di questo ragazzo che potrebbe rappresentare non solo un valore tecnico importante ma anche un simbolo identitario fortissimo, in un’epoca in cui il legame emotivo tra tifosi e giocatori rappresenta un valore anche economico fondamentale per i club.
I tifosi giallorossi sognano già di vedere il suo nome sulla maglia della prima squadra, magari con il numero 10 e quella fascia al braccio che otto anni fa Totti gli affidò simbolicamente. Un cerchio che potrebbe chiudersi, la realizzazione di una profezia calcistica scritta in una sera di maggio all’Olimpico.
La tripletta contro l’Udinese è solo l’ultimo capitolo di una storia che promette ancora molte pagine emozionanti. E chissà che presto non arrivi anche la chiamata definitiva in prima squadra, per iniziare a ripagare quella fiducia che il più grande calciatore della storia romanista ripose in lui in quella serata indimenticabile.